I professionisti che si occupano di patologia vertebrale da qualche tempo devono essere al di sopra di specifiche competenze originarie (ortopedia, neurochirurgia, fisiatria, terapia antalgica, neuroradiologia) e integrare la loro educazione e attività clinica allo scopo di garantire la miglior cura per il paziente, al di fuori di paletti accademici.
In particolare la formazione in chirurgia vertebro-spinale deve ormai essere multidisciplinare e integrare conoscenze ad ampio raggio: le nuove generazioni non possono rimanere vincolate a visioni settoriali, ormai legate al passato.
Infatti, sia il chirurgo vertebrale ortopedico che si è dedicato al trattamento delle deformità del rachide, sia il neurochirurgo che deve affrontare patologie spinali degenerative non possono rimanere chiusi nel loro ambito, dato che sempre più spesso con l’innalzamento dell’età media, le prime evolvono con fenomeni degenerativi e le seconde possono essere associate a deformità.
Da oltre 20 anni le nuove tecnologie e il miglioramento della gestione intraoperatoria consentono di trattare patologie complesse un tempo ignorate, spinti anche dalla richiesta dei pazienti per una migliore qualità di vita. Nel contempo, un approccio olistico e deontologico a questi problemi da parte dello specialista, si basa proprio sulla conoscenza delle possibilità e delle conseguenze legate ad ogni tipo di procedura chirurgica, dalla mini-invasiva a quella più aggressiva, per poter informare e consigliare in modo scientificamente corretto il proprio paziente.
Per questo motivo, ci siamo proposti questo tema per un incontro che speriamo produttivo per tutti, evidenziando anche nella struttura del programma l’integrazione delle rispettive competenze, passando dalla patologia degenerativa alle deformità, in un continuo dibattito multidisciplinare.
Roberto Assietti
Marco Brayda-Bruno
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